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sábado, 9 de novembro de 2024

La mortificazione secondo i santi della Chiesa Cattolica: un cammino di santità

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Quando si parla di mortificazione nella Chiesa Cattolica, spesso si evocano immagini di sofferenza estrema o pratiche molto rigide. Tuttavia, questo concetto va ben oltre l'idea di punizione. Nella visione dei santi, la mortificazione è un mezzo di purificazione spirituale, un cammino per trasformare l'anima e avvicinarsi a Dio. Non si tratta di cercare il dolore o la sofferenza per se stessi, ma di un processo di crescita interiore, in cui la persona si distacca dalle cose del mondo per vivere più pienamente per Dio.

Cos'è la mortificazione nella tradizione cattolica?

La mortificazione è, in sostanza, la pratica di controllare i propri desideri, specialmente quelli che ci allontanano da Dio. Può comportare atti concreti, come il digiuno, o un atteggiamento interiore di rinuncia a certi piaceri, cercando di vivere una vita più semplice e centrata sullo spirituale. Ma il punto centrale è sempre lo stesso: la mortificazione aiuta a dominare l'ego, che ci impedisce di vivere pienamente la volontà di Dio.

Questa pratica non è qualcosa di nuovo; già nella Bibbia troviamo riferimenti alla mortificazione. In Matteo 16:24, Gesù dice: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.” L'idea è che la vera libertà non viene dalla soddisfazione di tutti i nostri desideri, ma dalla capacità di rinunciare a ciò che ci distoglie da ciò che è essenziale: l'unione con Dio.

La mortificazione nella vita dei santi

Per comprendere meglio il ruolo della mortificazione, è interessante guardare alla vita dei santi. San Francesco d'Assisi, per esempio, adottò una vita di estrema povertà e rigorosa disciplina. Egli vedeva la mortificazione come un mezzo per spogliarsi di tutto ciò che lo allontanava da Dio, vivendo con semplicità e dedicandosi completamente alla missione che Cristo gli aveva dato.

Santa Teresa di Lisieux, invece, nella sua spiritualità semplice e profonda, ci insegna che la mortificazione non deve per forza essere visibile o severa. Credeva che la vera rinuncia si trovasse nei piccoli gesti quotidiani: controllare l'impazienza, praticare l'umiltà e cercare di fare del bene senza aspettarsi nulla in cambio. Per lei, la mortificazione era l'abbandono del cuore a Dio, anche nelle piccole azioni della vita di ogni giorno.

La mortificazione e il cammino della croce

La mortificazione è anche una forma di imitazione di Gesù nella sua vita e, in particolare, nella sua passione. La croce di Cristo è il simbolo massimo del sacrificio, della totale consegna per amore. I santi vedevano la mortificazione come un modo per unirsi a questa consegna, partecipando alla sua opera redentrice. Non cercavano la sofferenza per se stessi, ma comprendevano che, abbracciando la croce, potevano collaborare con il Signore nella salvezza del mondo.

San Giovanni della Croce, ad esempio, insegnava che l'anima si purifica attraverso le prove e le sofferenze, che la aiutano a distaccarsi da ciò che è terreno. Per lui, la mortificazione ci avvicina a Dio, perché ci fa superare l'ego e le tentazioni, permettendo alla grazia divina di agire pienamente in noi.

Il digiuno: una forma tradizionale di mortificazione

Uno dei mezzi più tradizionali di mortificazione è il digiuno. Sebbene il digiuno fisico sia spesso associato a una restrizione alimentare, esso va ben oltre. Il digiuno cattolico è una forma di controllo dei desideri del corpo per fare spazio allo spirito. San Paolo, in 1 Corinzi 9:27, parla di “disciplina” e “ridurre il corpo in schiavitù,” indicando che il digiuno è una forma di rafforzare l'anima e vincere le tentazioni della carne.

Tuttavia, il digiuno non deve essere un atto esagerato. Spesso, il digiuno riguarda anche il ridurre gli eccessi della vita quotidiana — che si tratti di un cibo che ci rende schiavi del gusto, o una distrazione che ci allontana dalla preghiera e dalla meditazione. L'idea non è semplicemente quella di privarsi, ma di usare questa privazione per concentrarsi su ciò che è più importante.

La mortificazione spirituale: purificazione della mente e del cuore

Anche se la mortificazione è frequentemente associata al corpo, i santi ci insegnano che la vera mortificazione riguarda anche la mente e il cuore. La lotta contro i pensieri impuri, l'orgoglio, l'egoismo e altre inclinazioni interne è altrettanto importante quanto il controllo dei desideri fisici.

San Gregorio Magno, ad esempio, ci avvertiva su come l'orgoglio possa essere un grande ostacolo per la santità. La mortificazione della mente, quindi, comporta purificare i pensieri che ci allontanano da Dio e coltivare atteggiamenti di umiltà e servizio. Santa Caterina da Siena parlava anche della necessità di sottomettere la nostra volontà alla volontà divina. Questo tipo di mortificazione richiede discernimento interiore, cercando la purezza nell'agire, nel parlare e nel pensare.

La mortificazione come mezzo di crescita spirituale

La pratica della mortificazione, sia nel corpo, nella mente o nello spirito, non è un fine a se stessa. I santi vedevano la mortificazione come un mezzo per raggiungere una vita di virtù. Quando superiamo le nostre inclinazioni disordinate, diventiamo più umili, più pazienti e più capaci di vivere la carità in modo genuino.

San Tommaso d'Aquino affermava che la mortificazione è un cammino per raggiungere la perfezione cristiana. Controllando gli impulsi egoisti, una persona cresce nelle virtù come la temperanza, la fortezza e la carità. La mortificazione aiuta a vivere in modo più autentico, meno dominati dalle passioni e più aperti all'azione di Dio.

Mortificazione e redenzione: partecipazione al mistero di Cristo

In ultima analisi, la mortificazione è profondamente legata al mistero della redenzione. Gesù ha sofferto e morì per noi, e i santi capirono che, mortificandosi, potevano collaborare con Lui nella salvezza del mondo. San Pio da Pietrelcina, ad esempio, diceva che ogni dolore, ogni sofferenza offerta a Dio diventava una fonte di grazia per sé e per gli altri.

La mortificazione, quindi, non è qualcosa di isolato, ma una partecipazione al mistero di Cristo. La sofferenza, quando accettata con fede e offerta a Dio, si trasforma in un atto di amore e di salvezza. È un modo per imitare Cristo, abbracciando la croce nel nostro cammino e unendoci sempre di più a Lui.

La mortificazione nel mondo di oggi

Oggi, in una società sempre più centrata sul consumo e sul piacere immediato, la mortificazione potrebbe sembrare una pratica antiquata o irrilevante. Tuttavia, i santi ci dimostrano che essa continua ad essere essenziale. In un mondo che ci spinge alla ricerca incessante di soddisfazione personale, la mortificazione si presenta come un antidoto all'egoismo e alla superficialità.

La mortificazione ci aiuta a vivere in modo più semplice, più distaccato dai beni materiali e più concentrati sulle cose del cielo. Ci insegna a dire “no” a tante distrazioni e tentazioni, permettendoci di concentrarci su ciò che conta davvero: la nostra relazione con Dio e il servizio verso il prossimo.

Conclusione: la mortificazione come cammino di santità

La mortificazione, nella sua essenza, è un cammino di santificazione. Non è un fine in sé, ma un mezzo di purificazione, crescita spirituale e imitazione di Cristo. I santi ci mostrano che, spogliandoci delle cose che ci allontanano da Dio, diventiamo più liberi di vivere secondo la Sua volontà.

Che si tratti di piccoli gesti quotidiani, o di pratiche più intense come il digiuno, la mortificazione rimane uno strumento potente nella vita cristiana. Ci aiuta a vivere con maggiore semplicità, più concentrazione e più amore. La mortificazione non è un peso, ma un'opportunità per avvicinarci a Dio, diventare più simili a Cristo e vivere una vita veramente piena, trasformata dalla grazia.


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